Il Pi Greco, l’olografia e i buchi neri

Una delle mie caratteristiche è il farmi affascinare come un bambino di fronte alle scoperte scientifiche che riguardano l’universo e tutto ciò che è in noi e attorno a noi.

L’altro giorno ho visto in TV una puntata di una serie che non conoscevo, in cui si parlava del Pi Greco, o π, che tutti conosciamo come quel numero pari circa a 3.14.
Quello che giustamente diceva il personaggio della serie è che questo numero rappresenta il rapporto tra la lunghezza di qualsiasi circonferenza e il suo diametro. Fin qui niente di straordinario, se non ad esempio che una entità geometrica così comune in natura dipenda da quello che in fondo è un numero irrazionale, cioè non ottenibile con nessuna frazione di numeri interi, composto da infinite cifre decimali che non si ripetono mai. Qui però inizia il primo fatto affascinante: i matematici suppongono che la sequenza infinita di cifre decimali sia equivalente ad una generazione casuale di numeri, infinita appunto, che in quanto tale conterrebbe tutta l’informazione possibile. Questo è tanto più incredibile se si pensa che il numero nasce da un rapporto tra due entità geometriche semplicissime.
Facciamo un esempio: se ipotizzassimo di tradurre una tesi di laurea di 100 pagine in numeri (ad esempio usando la rappresentazione ASCII di tutte le lettere che la compongono) si potrebbe avere un inizio del genere:
Università degli Studi di Ferrara, Tesi sui sistemi operativi per computer.
Si avrebbe una conversione di questo tipo:
U=85
n=110
i=105
v=118
e=101

e così via (provate a fare la conversione in ASCII di un testo su questo sito). Quindi avremmo che l’inizio di questa tesi potrebbe essere trasformata in questa sequenza numerica:
85110105118101…

Ora il bello è che in qualche punto del π, si potrebbe trovare quella sequenza, seguita dal resto della tesi di 100 pagine. Non solo, ma da qualche altra parte, magari dopo 10^1000 cifre decimali (1 seguito da 1000 zeri) si troverà anche la traduzione in tedesco.

È facile trovare su Internet parecchi sviluppi del π, ma su questo sito trovate addirittura in che punto si trova una sequenza (non troppo lunga, però!).
Pensate però non solo ad una tesi di laurea, ma anche al DNA di ciascuno di noi o ai pixel che formano una foto che amiamo, o all’informazione di tutti gli stati quantici delle particelle che formano il Colosseo. Non basta? Allora pensate a tutti i libri che non verranno mai scritti, così come alla musica e alla filosofia. Tutto potrebbe essere nelle pieghe di quel numero.
Andiamo però oltre a quello che si lasciava intendere nella serie TV e spingiamoci oltre: parlando di informazione sparsa lungo le cifre decimali di un numero, mi è venuta in mente l’olografia, cioè la possibilità di proiettare una realtà tridimensionale a partire da due dimensioni. Tutti abbiamo avuto una dimostrazione pratica di un ologramma, stringendo tra le mani una carta di credito, e in futuro non si esclude un’evoluzione tecnologica capace di estendere gli ologrammi ad altre applicazioni quotidiane.
A questo punto è lecito chiedersi se tutta la realtà altro non è che un ologramma presente nel π, capace di comprimere in una sola dimensione (l’estensione delle cifre decimali) tutti gli universi possibili, incluso il nostro.
Tra l’altro, il fatto che la realtà tridimensionale sia un ologramma, è una delle tesi attualmente più accreditate dalla fisica in seguito ad alcuni problemi nati con lo studio dei buchi neri. Il fisico Leonard Susskind ha avuto infatti la meglio sullo stesso Hawking (con cui ha “lottato” per anni, finché Hawking ha dato ragione a Susskind) per aver ipotizzato che i buchi neri abbiano proiettato sul loro esterno l’intero insieme dell’informazione di ciò che è cascato dentro….
Mi viene da dire che se il buco nero è di forma sferica (e quindi tonda) il π allora potrebbe dare un interessante contributo a questa proprietà olografica!