Sulla musica in vinile (e non solo)

CD e download digitali sembrano ormai avviati alla via del declino, mentre il vinile è tornato ai livelli di vendita del 1991, almeno in UK1. Tutta colpa della loudness war? E’ questo l’inevitabile destino della dematerializzazione, che poca soddisfazione può dare a chi piace collezionare, possedere, toccare la “propria” musica? Probabile.

Già da qualche mese anche io ho iniziato a recuperare gli strumenti per suonare i dischi in vinile e, pur non avendo grosse e costose ambizioni da audiofilo, posso dire che in questo periodo ho imparato più cose sulla musica, sul mercato discografico e sull’acustica rispetto a tutto il resto della mia vita.

Molte di queste cose le ho imparate su internet e ho avuto modo di provarle in prima persona, altre le ho studiate, forte anche delle basi che gli studi di ingegneria mi hanno dato. Raccolgo dunque qui una serie di spunti che spero possano essere utile a tante altre persone, con il buon proposito di tenerlo aggiornato e di linkare nel tempo ulteriori risorse. Risponderò alle critiche costruttive e ringrazio fin da ora anche chi vorrà darmi suggerimenti e correggermi. Fin da subito dichiaro che non sono un esperto di audio, che sono apertissimo al parere degli altri e che ho molta voglia di imparare.

Un paio di definizioni


Dinamica: in generale, indica l’ampiezza della gamma di valori che assume una certa entità misurabile oggettivamente (ma anche soggettivamente). Nel caso che si intende qua, a meno che non lo indichi diversamente, si intende più che altro la capacità di un pezzo di suonare sia piano che forte e, estendendo la cosa ai sistemi che riproducono il pezzo stesso, la capacità del nostro impianto di riprodurre fedelmente il tutto.

Loudness war: dagli anni ’90 le case discografiche hanno evidentemente rilevato che i CD si vendevano meglio se “suonavano forte” e hanno progressivamente aumentato i livelli di volume, in particolare facendo in modo che ciò che suonava basso suonasse un po’ più forte. In altre parole hanno ridotto, compresso la gamma dinamica del suono.
Diciamoci la verità: per riprodurre la musica da CD serve essenzialmente una scheda elettronica con qualche circuito stampato, un motorino abbastanza preciso, un po’ di potenza e un paio di convertitori DAC (Digital To Analog Converter). Per riprodurre una sorgente analogica, serve molta più circuiteria discreta e molta più meccanica. In altre parole, il digitale ha aperto le porte all’elettronica economica e miniaturizzata, che ha reso possibile la riproduzione di musica in apparecchi compatti acquistabili nei discount o regalati coi punti della spesa. Gran parte di questi dispositivi, però, sicuramente lasciano molto a desiderare in termini di qualità, e sicuramente non li possiamo definire Hi-fi. L’avvento dei lettori MP3 e degli smartphone ha poi spostato gran parte del “consumo” della musica dal salotto alla strada. Tutto questo ha reso meno interessante la ricerca dell’alta fedeltà e ha piuttosto richiesto maggior “ascoltabilità” in situazioni di rumore e frastuono e con apparecchi più economici. Questo credo che sia il motivo della loudness war, che forse in parte è stata alimentata più dalle esigenze del consumatore moderno che dalla competizione al volume più forte. Del resto i produttori di dischi devono vendere a chi i dischi li compra.

Il mio equipaggiamento

Giradischi: Audio Technica con puntina di serie AT95EB

Lettore CD:
Pioneer (lettore DVD/CD) del 2001 circa.

Amplificatore: Onkyo HT-S4505

Diffusori: Coppia di Grunding 20Hz-20KHz 50W (credo del 1983) + casse del kit Onkyo per il surround e subwoofer
Come si nota, non è roba da audiofili, ma ho già avuto qualche soddisfazione.

Domanda: è vero che la musica in vinile è migliore?

Questo è quello che, giustamente, il principiante assoluto può chiedersi visto quello che si sente dire in giro. La domanda però è sbagliata, perché come vedremo tra pochissimo, i fattori che incidono sulla qualità sono tantissimi e il supporto di riproduzione, in definitiva, è solo un elemento del puzzle e forse non è il più importante.
Che cosa incide dunque sulla qualità dell’ascolto?

L’ambiente

Ammesso che sia possibile farlo, come si potrebbe apprezzare una migliore dinamica del suono con gli auricolari del telefono, magari mentre si corre o si cammina in una strada trafficata? In quei casi è meglio il suono compresso, c’è poco da fare. Sì, la loudness war in questo caso è stata utile. Se un pezzo non “suona forte” quando si cammina nel traffico, la realtà è che si sente poco o niente, soprattutto con gli auricolari. Se l’ambiente invece è la nostra casa, i fattori che determinano una buona acustica possono essere esaminati e migliorati, a seconda della disponibilità. Qui ci vorrebbe un esperto di acustica che intervenga per dare consigli!

L’amplificatore

Questo è il componente più complesso di tutti e non sono qualificato per dire molto, se non che un buon amplificatore forse è il primo acquisto da fare, perché è quello che può valorizzare al meglio qualsiasi altro acquisto futuro. Alcuni li preferiscono valvolari ma per di più in commercio si trovano a transistor, che, come nel mio caso, possono essere usati da più dispositivi che hanno esigenze più avanzate di un semplice suono stereofonico. Non ho mai provato la differenza, e mi dispiace molto, ma da quello che ho capito, i valvolari sono più costosi ed esigenti in termini di manutenzione ma dotati di un suono più gradevole. Inoltre un amplificatore valvolare ha delle caratteristiche diverse in termini di capacità di erogare tensioni e correnti rispetto a quello a transistor, e questo richiede alcune accortezze in fase di scelta dei diffusori.

I diffusori

Assieme all’amplificatore che ho acquistato, era presente un set di diffusori 5.1. La qualità dei diffusori non poteva certamente essere sublime, visto il costo molto contenuto del kit. Tuttavia, avendo acquistato un amplificatore dignitoso, ritenevo che la qualità dei diffusori dovesse comunque essere almeno non troppo bassa. Un giorno però sono entrato in un negozio di dischi, e ad un certo punto il negoziante ha iniziato a riprodurre un brano sul suo impianto: ho sentito un audio come non lo avevo mai sentito prima: davvero molto definito, piacevole e “pieno”… sembrava di ascoltare musica dal vivo! Avevo capito che a casa mi stavo perdendo qualche cosa. Tornai nella casa di mia madre e recuperai dalla cantina un paio di casse Grunding di un Hi-Fi risalenti al 1983. Sono casse a 3 vie, sicuramente non ben conservate, ma che una volta collegate all’amplificatore, mi dettero da subito una qualità molto superiore alle casse surround del kit. Quanto incidono le casse sulla qualità di riproduzione? Tantissimo e forse di più. Una buona musicassetta può battere qualsiasi CD se riprodotta con i diffusori giusti.

La qualità del master/edizione

Questo è il punto più interessante e che più mi ha sorpreso. In un capitolo successivo spiegherò qual è il mio processo di acquisto dei dischi online, sfruttando la rete per capire se quello che acquisto vale i soldi richiesti. Da quando ho imparato che chi produce dischi a volte li ottiene da master fatti malissimo, ho smesso raidamente di acquistare “i dischi che mi piacciono”, dovendo fare anche grosse rinunce, per passare alla modalità di acquisto di”dischi che mi piacciono prodotti bene”.
Prendiamo un esempio: Death Magnetic dei Metallica (2008). Come per altri dischi dello stesso produttore (Rick Rubin, ma forse è una coincidenza), l’ascolto produce la sensazione che tutto suoni troppo forte, senza mai una “pausa”, col risultato che gli strumenti si confondono tra loro e l’udito si stanca rapidamente. Addirittura un mio amico ha potuto sentire gracchiare le sue cuffie professionali con l’album Californication dei Red Hot Chili Peppers (sempre Rick Rubin!) anch’esso super-compresso dinamicamente in fase di mastering. Dunque, visto che i dischi non costano poco (almeno quelli in vinile) perché sprecare i soldi con produzioni di bassa qualità? Meglio Spotify, in quei casi.
Fortunatamente di alcuni dischi di questo tipo Nel proprio impianto è meglio mettere solo il meglio.

Una nota: Rick Rubin ha firmato dischi bellissimi e di successo. Il suo talento non è in discussione, ma se ogni tanto si impegnasse di più sulla qualità dei master, farebbe più contenti i suoi clienti.

La qualità dell’incisione

Lessi poco tempo fa una intervista molto interessante a Giulio Cesare Ricci fondatore della casa discografica italiana Foné, dove metteva in guardia dalle produzioni di dischi in vinile di bassa qualità. Ad esempio, alcuni dischi in vinile sono fatti di pasta vergine, altri con materiale riciclato di qualità più bassa. Ci sono poi case discografiche che producono vinili che arrivano già distorti, piegati o con una percentuale di pezzi difettosi troppo alta.
Anche i CD non sono da meno: anche il supporto digitale per eccellenza può non essere perfetto e avere una percentuale di bit errati più o meno alta. Anche in questo caso i feedback dei consumatori e la ricerca attenta della giusta edizione può metterci al riparo da brutte sorprese.

La cura e la manutenzione del supporto e dei dispositivi di riproduzione.

L’unico supporto che ha poco da temere dalla sporcizia, dai residui di grasso delle mani e dalla forza di gravità sono gli MP3, a patto che non si faccia cadere per terra il disco fisso che li contiene!. Tutti gli altri supporti richiedono una certa cura affinché non si rovinino col tempo. In questo il vinile è meglio del CD? Direi di no, ma la realtà è spesso fatta di paradossi. Il vinile si riga solo a guardarlo, è più grande e vistosamente più fragile di un CD, quindi è normale riservare al vinile maggiori attenzioni rispetto al CD. Per questo motivo mi è capitato di poter riascoltare dopo quasi 20 anni dei vinili acquistati in gioventù e di non poter riascoltare alcuni CD della stessa epoca, perché graffiati o dispersi. Sì, sono molto disordinato e non mi prendo sempre cura delle mie cose, anche perché all’epoca non le avevo pagate io. Anche i CD si rovinano finendo per suonare peggio, per quanto sicuramente non richiedano quella serie di attenzioni che invece sono essenziali per il vinile, quali la rimozione della polvere prima di ogni ascolto e la necessità di tenere sotto controllo l’elettricità statica.
E’ interessante tuttavia notare le differenze che i due sopporti: il vinile sporco o lievemente graffiato emette quel caratteristico rumore che tutti abbiamo imparato a conoscere, mentre il CD interrompe la riproduzione o emette fruscii molto più fastidiosi.
Anche i nastri magnetici necessitano di cure particolari: andrebbero mantenuti lontani da fonti di calore e da apparati che generano campi magnetici. Soprattutto, bisogna evitare di lasciarli inseriti nel mangianastri, pena la perdita di informazione nel punto in cui il nastro è a contatto con la testina. A proposito: testina del riproduttore di nastri magnetici (come le audiocassette) e le puntine del giradischi andrebbero revisionati regolarmente ed eventualmente sostituiti e/o ritarati.

Gli strumenti di trasmissione

Infine, il segnale elettrico generato a partire dal supporto deve essere trasmesso fino all’amplificatore e poi ai diffusori (o le cuffie). Ci sono moltissimi siti web che parlano di cavi di qualità professionale o altro, ma personalmente non ho esperienze in merito. La grande differenza ho potuto percepirla tra la trasmissione via cavo e quella wireless. Semplicemente, per quello che ho letto e provato, il wireless con l’audio Hi-Fi ha un rapporto molto problematico. Le infinite interferenze dovute alle tantissime reti wireless presenti negli edifici e forse la qualità dei dispositivi stessi fanno sì che anche un udito poco raffinato possa percepire l’enorme perdita di qualità in assenza del buon vecchio filo di rame. Inoltre, se si parla di riproduzione di dischi analogici, l’uso di un sistema wireless è poco sensato perché spesso è digitale. Questo significa che il segnale analogico viene quantizzato e codificato, introducendo piccole distorsioni per poi essere emesso in un etere sempre più affollato. Questo avviene sia con la trasmissione Bluetooth che con altri sistemi proprietari digitali.

Il supporto

C’è poco da fare, il CD è un supporto teoricamente grandioso: con una frequenza di campionamento di 44.100 Hz e 16 bit di profondità può garantire una dinamica complessiva di 96dB, coprendo le esigenze di qualsiasi orecchio umano. Nessun altro supporto casalingo anteriore al CD può fare altrettanto e caratteristiche superiori (es. 96KHz/24bit) servono solo in fase di processamento del segnale, per lo meno per chi non ha l’udito di superman. Provate con un software qualunque (es. Audacity) a generare un tono di 25KHz e ad ascoltarlo. Che cosa sentite? Nulla? Riprovate con 20KHz. Ancora nulla? Provate con 17,18,19 KHz e probabilmente qualche cosa sentirete, ma molto piano. Ebbene, quella è la frontiera dell’udito umano. Il teorema di Nyquist-Shannon dimostra che per campionare quelle frequenze senza alcuna perdita di informazione, serve una frequenza di campionamento doppia rispetto alla massima frequenza del suono, e dunque con i 44.100 Hz del CD riusciamo a campionare e riprodurre frequenze fino a 22KHz, che dovrebbero bastare per chiunque.
Il vinile può garantire una dinamica molto minore e anche qualora fosse in grado di riprodurre una banda di frequenza più estesa, il nostro udito non le percepirebbe. Dunque chi sostiene che il CD suoni peggio ha torto? Dipende, perché il paradosso è che il CD consente una compressione della dinamica di una traccia audio in un modo molto più estremo del vinile; quest’ultimo infatti ha inciso su di esso la forma d’onda delle tracce proprio nel famoso “solco”, il quale funziona meglio se la forma d’onda è quella più compatta e sottile di una traccia non troppo compressa. Il risultato insomma è che paradossalmente la gamma dinamica dei vinili è uguale o maggiore a quella dei CD.
Su internet è presente un sito molto interessante con un database mantenuto aggiornato dagli audiofili delle gamme dinamiche dei dischi in commercio: http://dr.loudness-war.info/

Le nostre orecchie, il nostro cervello, il nostro cuore

Qualunque sistema audio può piacerci nei limiti del nostro udito, che purtroppo con l’età, le ore passate con gli auricolari e le serate in discoteca degrada via via le proprie prestazioni. Inoltre nel settore si parla spesso di psicoacustica, poiché l’organo con cui davvero sentiamo, prima delle orecchie, è il nostro cervello: questo significa che il nostro udito ha caratteristiche molto complesse sia nell’ambito della percezione dei suono che della loro elaborazione.
Infine c’è il cuore: il fruscio del vinile può infastidire un nativo digitale ma far impazzire chi ha qualche anno in più. Il vinile va coccolato, ma offre copertine più grandi, la visione celestiale nel vederlo girare e crea, secondo me, un legame più forte col proprietario.
Per quanto riguarda le caratteristiche che il suono assume usando un tipo di amplificatore o di diffusore, semplicemente ci sono persone che preferiscono un certo tipo di resa rispetto ad altre, magari a seconda anche del tipo di musica che ascoltano. In questo senso non c’è un sistema migliore di un altro, ma un sistema migliore per me ma non per altri

Dove compro i vinili

Innanzitutto comprare la musica è una esperienza molto divertente e istruttiva. Non prendiamoci in giro: scaricare la musica, legalmente o meno, impoverisce il processo di acquisto, che può diventare compulsivo e poco critico, quando invece il passare tempo nella scelta e il sapere di dover investire dei soldi ci porta ad approfondire, leggere recensioni, scoprire altri artisti/dischi e soprattutto discriminare alcuni al posto di altri.

I dischi nuovi li compro dunque tramite un processo piuttosto elaborato, che almeno nel 70-80% dei casi culmina su Amazon, dove grazie al Prime non pago le spese di spedizione. Il restante 20-30% lo compro in negozi di usato o girando per le bancarelle.

Il mio processo di acquisto online

PASSO 0: Metto l’occhio su un disco che mi piace e diciamo che voglio provare ad effettuare l’acquisto su Amazon.

PASSO 1: Come prima cosa ricerco tramite nome dell’album e di solito il disco si trova al primo colpo. A questo punto guardo qualche commento, in particolare quelli contrassegnati col tipo di supporto (es. “Vinile”). Questo mi aiuta a farmi un’idea preliminare.

PASSO 2: Cerco il codice ASIN su Amazon, che altro non è che un identificativo univoco del prodotto. Lo copio.
PASSO 3: Vado sul sito barcoderobot.com, nella sezione che converte i codici ASIN con i codici a barre EAN (qui: https://www.barcoderobot.com/asin-ean/) e incollo il codice ASIN appena recuperato. Ottengo il codice EAN e lo incollo.
PASSO 4: Vado sul più grande database musicale online, Discogs, e incollo nel campo di ricerca il codice EAN appena ottenuto.
PASSO 5: Solitamente si trovano uno o due risultati, che sono relativi non all’album, ma alla specifica edizione e dunque cerco i commenti in basso, dove spesso si trovano informazioni preziose, come la qualità della stampa e del suono.
A questo punto se le recensioni su quella specifica edizione sono buone posso procedere all’acquisto.
Se però, come a volte capita, mi perdo a navigare su Discogs, posso copiare il codice EAN dell’edizione ben fatta che mi aggrada e incollarlo direttamente su Amazon nel form di ricerca e trovare così direttamente il prodotto.
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Fonti

1 – Still a Fad? Vinyl Records Return to 1991 Sales Levels – http://www.digitalmusicnews.com/2017/01/03/vinyl-records-sales-1991/