Perché credo che sia giusto pagare il riscatto

In questi giorni sta tornando di moda la questione dei riscatti, visti i recenti fatti di cronaca relativi sia alle due ragazze italiane rapite in Siria sia al giornalista americano ucciso barbaramente dai terroristi dell’ISIS.

Addirittura leggendo la stampa internazionale si sentono alcune voci levarsi dagli Stati Uniti, che si chiedono se non abbia senso pagare il riscatto “come fanno gli europei“.

Premetto che anni fa la pensavo diversamente e che ogni situazione può avere sfumature che fanno la differenza, ma in questi casi credo che pagare il riscatto sia (o sia stata) la cosa giusta da fare.

I motivi di chi si oppone al pagamento dei riscatti sono essenzialmente due:

  • Se uno stato paga i riscatti, i terroristi preferiranno rapire le persone di quello stato (pagare i riscatti incentiva i rapimenti contro i propri connazionali)
  • Fornendo soldi alle organizzazioni terroristiche, di fatto le si aiutano a comprare armi e a reclutare altri miliziani. Se poi si è fisicamente in guerra, si pagano loro le armi con cui uccidere i nostri soldati
Sono motivazioni solidissime che condivido, ma la realtà è sempre complessa e affrontarla con idee semplici può non essere la soluzione ideale. La motivazione umanitaria al pagamento dei riscatti, forse la più importante, rimane che contrattando si salvano con certezza vite umane oggi in cambio di possibili morti future, cosa su cui si può discutere in termini di convenienza.
Ci sono però motivi dettati dal pragmatismo e dalla strategia, che dovrebbero portare a convincere anche chi vuole giocare ad essere “duro e puro” che forse in certi casi è meglio contrattare. Del resto capisco che un governo pubblicamente affermi che “non si tratta coi terroristi“, ma nella pratica tutta la vita è una trattativa, e più realisticamente si dovrebbe parlare di soglie sopra o sotto le quali cedere o non cedere.
Ecco i motivi che metterei nella riflessione:
  1. Il pagamento di centinaia di migliaia di euro o di qualche milione (presumo che le cifre siano più o meno queste) non è nulla nei confronti dei finanziamenti che queste organizzazioni (ISIS, Al Qaeda, Hamas) hanno ottenuto dai governi compiacenti, anche occidentali. Bin Laden, come ormai tutti sanno, faceva parte di una ricca famiglia saudita che si è arricchita in affari con gli USA. Le armi date a lui e ai mujahidin durante la guerra tra Afghanistan e URSS dagli americani sono state poi usate contro gli americani stessi. Io non condanno questo genere di operazioni, ma è proprio in virtù di questo pragmatismo che non ha senso essere così autodisciplinati sui rapimenti dei propri connazionali e poi altrettanto disinvolti nell’armare questa o quella milizia contro qualcuno.
  2. Un rapimento è innanzitutto un fallimento di chi si doveva occupare della incolumità della persona. Può capitare, ma vale la regola della CIA: “innanzitutto non farsi beccare”. Tecnologie più avanzate, restrizioni sugli espatri di occidentali in queste zone, rientri obbligatori dei connazionali in situazioni di pericolo… quante cose si potrebbero mettere in piedi contro i rapimenti? Lavorerei sulla prevenzione insomma, investendoci almeno le cifre pagate per i riscatti.
  3. I vantaggi ottenuti da un riscatto si possono forse annullare con una operazione di bombardamento in più contro un magazzino di armi.
  4. Catturando combattenti nemici è possibile effettuare scambi di prigionieri in alternativa al pagamento dei riscatti. Fondamentale quindi una presenza militare sul campo.
  5. Mediaticamente conviene veder girare un video come quello del giornalista americano sgozzato? Credo di no perché si fornisce un ulteriore stimolo ai terroristi, dando loro rassicurazioni sulla loro forza; viceversa la liberazione dell’ostaggio rafforza la fiducia nel governo (soprattutto durante un intervento militare) e si crea un caso mediatico in meno. Probabilmente certi video aiutano molto di più il reclutamento e le donazioni di quanto non facciano i fondi ottenuti dai riscatti. Ricordiamo che il Vietnam ha vinto la guerra usando innanzitutto la pressione mediatica occidentale
  6. Assicurazioni obbligatorie (questa è una proposta hard) per chi si reca in paesi affetti dal problema dei sequestri: i rapitori si sentirebbero sicuri se sapessero che le loro vittime hanno un’assicurazione contro i sequestri, perché non ci sarebbero problemi nel reperire i soldi e tutto sarebbe più veloce e con meno intoppi. Ovviamente le somme massime richiedibili sarebbero abbassate, e si ridurrebbe il vantaggio dato alle organizzazioni terroristiche.
Non dimentichiamo poi che nelle trattative è possibile intrecciare relazioni e conoscere dati e informazioni in più, che si potranno usare contro i terroristi. Quello che infatti in molti pensano sia il problema (l’aumento dei rapimenti) può essere in realtà anche un vantaggio: la ripetizione delle stesse mosse induce prima o poi in errore, a tutto vantaggio nostro.