Il problema è la Cina o siamo noi?

Premessa: il governo cinese sicuramente non rispetta i più elementari diritti umani, quindi non può avere alcun appoggio da parte mia. Mi auguro che al più presto i cinesi possano liberarsi dal loro governo e prosperare non solo in termini di PIL, ma anche di rispetto per la vita umana e di convivenza pacifica con le altre realtà dell’Asia.

La guerra commerciale che Trump ha iniziato con la Cina è figlia di una lunga storia fatta di delocalizzazioni, guerre valutarie, concentrazione sull’economia dei servizi da parte dell’Occidente e ondate di prodotti a basso prezzo, che dal Paese asiatico hanno inondato i nostri mercati abbattendo l’inflazione ma indebolendo il nostro tessuto produttivo, in particolare quello italiano.

Ora, più o meno esplicitamente, quasi tutti negli ultimi venti anni ci siamo chiesti come sarebbe andata a finire. Una Cina con crescita economica molto alta — soprattutto fino a qualche anno fa — ambizioni geopolitiche crescenti, comportamenti scorretti o comunque asimmetrici nella gestione della proprietà intellettuale, come può integrarsi costruttivamente con l’economia dell’Occidente? Comprando debito pubblico USA, tanto per cominciare, ma queste dinamiche non sono rilevanti nel determinare il sentiment dell’opinione pubblica. Nello specifico, l’elettorato americano con le elezioni di Trump ha manifestato la paura per un futuro di disoccupazione per via della continua crescita del gigante asiatico.

Il problema è: perché sentirsi succubi di un Paese che a quanto pare è molto più bravo di noi (USA e UE) ad applicare politiche di lungo periodo? Esattamente quelle che noi non riusciamo più neanche a portare al dibattito pubblico, perché ci manca il pensiero lungo! Di chi è la colpa? Nostra. Dunque i politici che puntano il dito contro la Cina, aldilà di qualche ragione, per lo più ci stanno offrendo un capro espiatorio.

Si può accusare la Cina di impoverirci perché noi, del tutto sovrani, eleggiamo a governarci persone che hanno una progettualità con un orizzonte temporale pari alla durata dei “trend topic” di Twitter?

Mentre alcuni leader dei paesi europei vogliono disseppellire un nazionalismo inattuale e pericoloso, la Cina usa la sua massa critica per fare investimenti massicci (li sta incrementando, pare) anche su scala continentale, come in Africa.

Noi ci facciamo obnubilare la mente coi barconi, loro ragionano sul mondo che sarà tra 10, 20, 30 anni.

Il problema è la nostra classe politica di bassissima qualità, bipartisan. Non solo italiana, ma anche americana ed europea. Un buffone come Trump, in un paese psicologicamente sano, non potrebbe nemmeno arrivare alle elezioni primarie. Lo stesso vale per molti dei nostri politici di primo piano, naturalmente.

La conseguenza è la debolezza strutturale tipica di chi vuole rincorrere i vizi degli elettori anziché stimolarne le virtù. Tutto questo si trasforma in un vivere di rendita destinato al declino e poi alla povertà.

Un esempio. L’Italia ben dopo il dopoguerra ha visto crescere l’industria del tessile (grazie anche all’ingresso del nostro Paese nel mercato della moda di lusso). Eppure avevamo competenze e tecnologie per investire in settori molto più difficilmente aggredibili dalla manodopera orientale a basso prezzo. Forse non avevamo una politica che favorisse gli investimenti sull’innovazione e la mentalità riassumibile con l’espressione “impresa povera, famiglia ricca” era già ben collaudata. Allora che cosa succede quando si scopre che per cucire un paio di scarpe un ragazzino non scolarizzato può essere messo in competizione con un operaio italiano sindacalizzato? Lo abbiamo visto: crisi di un intero settore, con distretti industriali messi in ginocchio.

Questo è il risultato di una politica che non fissa obiettivi alti, che non chiede sforzi ai cittadini e anzi li fa crogiolare nell’ozio e nel vizio (debito pubblico).

La Cina fa quello che fa in parte anche perché noi non facciamo niente per noi.