La benzina del complottismo

O meglio, la miscela. Il complottiamo secondo me è alimentato da un mix di almeno tre componenti: la speranza consolatoria, l’autoindulgenza e il malessere.

Il malessere

Iniziamo dal malessere.

Una quantità spropositata di ricchezza (e quindi di mezzi) è in mano a pochissime persone.

Questo significa che la popolazione mondiale è troppo povera rispetto a pochissime persone, e dunque vede restringersi le speranze di una vita migliore.

È naturale allora pensare – legittimamente – che ci siano dei “poteri forti” che tirino le fila del mondo dal chiuso di una stanza, ai danni dei più. Se 10 persone controllano l’economia mondiale, sarebbe strano che queste non si incontrassero periodicamente, se non altro per fare dei cartelli.

Ci sono però qua già due problemi.

1) I cittadini di fatto sono contrari all’equità fiscale

Non ho scritto male, è proprio così! Se un candidato propone di alzare le tasse ai ricchi, i poveri sono i primi a non votarlo. Eppure un fisco equo potrebbe migliorare le condizioni dei più poveri. Non è un dramma, perché alzare le tasse ai ricchi non è detto che crei un saldo positivo in senso assoluto, soprattutto in un mondo in cui i capitali sono più mobili delle persone; in ogni caso è un fatto che difficilmente si possa andare al governo (e restarci abbastanza a lungo) con una proposta ridistribuiva significativa.

2) Non è detto che le 10 persone più ricche del mondo vadano d’accordo su tutto o che siano infallibili.

Gli imprevisti esistono per tutti, anche per i super ricchi. Queste persone inoltre probabilmente hanno interessi divergenti: i cartelli sono possibili, ma nella storia difficilmente si sono dimostrati “infrangibili”.

L’autoindulgenza

Su questo, alcuni psicologici hanno appunto lavorato ad uno studio (pubblicato qui e citato da questo sito italiano da cui ho preso l’immagine di questo post) da cui si evince che i complottisti sono spesso persone autoindulgenti, cioè soggetti che hanno gravi problemi ad assumersi le responsabilità per i propri fallimenti o per quelli di altre persone a lui care. Il caso paradigmatico è quello della sconfitta di Trump e, per esteso, di tutti i trumpisti che senza nessuna prova gridano ai brogli.

La speranza consolatoria

Secondo me l’autoindulgenza non è però il motivo più forte. Credo che ci sia qualcosa di più profondo.

La speranza consolatoria è un meccanismo psicologico molto semplice

Meglio credere che ci sia qualcuno di malvagio dietro ad un fenomeno, piuttosto che pensare all’idea terrificante di essere nelle mani del caso.

La persona malvagia prima o poi può morire, può cambiare idea, o – cosa ancora più affascinante – perseguire un fine superiore che al momento ci è nascosto (ricorda nulla?). Il caso è terribile perché non segue alcuna logica, alcuna ragione e non fa differenza tra “buoni” e “cattivi”, mettendo così anche in crisi il senso utilitaristico della morale.

Quindi pensare che dietro al COVID-19 o alla mancata elezione di Trump ci sia qualcuno che cospiri, è sicuramente più rassicurante rispetto all’idea che davvero un virus possa venire fuori dal nulla o che le idee folli con cui ci si è ubriacati per anni possano poi schiantarsi contro un muro con una sconfitta elettorale.

Che fare?

Sicuramente costruire un progetto di informazione nuova, finanziata magari pubblicamente, con meccanismi che limitino “by design” le influenze di grossi gruppi finanziari potrebbe essere un primo passo. Non una logica spartitoria degli spazi, ma di mediazione tra le forze.

Una lotta bipartisan per limitare la circolazione dei capitali ed eliminare i privilegi fiscali dei grandi gruppi ai danni dei cittadini che poi consentono proprio a quei gruppi di crescere.

Una battaglia culturale bipartisan su una redistribuzione efficiente ed efficace del reddito.

Un aiuto psicologico di massa contro l’ansia da globalizzazione e che contrasti la speranza consolatoria. Fin nelle scuole, serve insegnare ai ragazzi l’importanza – e il bello – di assumersi le responsabilità e ripartire dalle sconfitte, che come diceva Churchill, non sono mai definitive.