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Le abbuffate di Natale

La cosa che più odio delle feste natalizie dopo la corsa ai regali è la faccenda delle abbuffate.

Aldilà del background di torroni, cioccolatini, frutta secca, pandori e panettoni che iniziano a circolare per casa, gli appuntamenti irrinunciabili a tavola sono – come minimo – i seguenti:

  • Cenone della vigilia di Natale
  • Pranzo di Natale
  • Cenone di capodanno
  • Pranzo di capodanno

A questo si aggiungono, in assenza di pandemia, cene con amici che tornano solo una volta all’anno nella città natale e, soprattutto, tutte le sessioni di smaltimento di avanzi e di piatti portati da amici e parenti.

Per carità, è molto bello potersi salutare, rivedere persone che non si vedono spesso, ecc. ecc., ma perché restare vincolati a tradizioni ataviche come i cenoni e i pranzi? Non viviamo più in una società dove mangiare è sinonimo di festa o grande occasione; quel tipo di società era così perché il cibo era una risorsa scarsa, ma oggi è praticamente impossibile morire di fame (almeno in Occidente), mentre sempre di più si muore per il troppo cibo.

Il risultato è gente che si accoda al pronto soccorso per indigestioni e intossicazioni, asterischi sulle analisi del sangue che è meglio non fare almeno fino a febbraio e chili inutili da smaltire per varie settimane.

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Che cosa regalare a Natale ad un ragazzino?

La risposta è semplice: un videogioco. Se il ragazzino ha 8 anni, 18, 28, 38, 48… va sempre bene e non sbagli mai!

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Palestra e pandemie

Con la pandemia in atto, ad accompagnare l’inizio di ogni ondata c’è sempre stata la chiusura preventiva delle palestre.

Per chi ha sempre sentito la necessità di dare a ciascun luogo una funzione, si è trattato di un disastro.

Il problema è che tornare a casa la sera dopo una lunga giornata di lavoro per mettersi a fare esercizio fisico per me è dura; non tanto da un punto di vista fisico, quando mentale: la stanchezza mi porta a stendermi sul divano e rilassarmi.

Ho scoperto però che il mattino è il momento giusto, basta svegliarsi un po’ prima e privilegiare allenamenti intensi ma brevi.

La capacità di adattamento ci richiede di essere flessibili, il che è un “esercizio” molto importante per imparare a rispondere al cambiamento di contesto in modo rapido e indolore.

Il bello è che ho scoperto nuove forme di allenamento (funzionale) che oltre ad occupare molto meno tempo, sono anche più divertenti e varie: non si tratta più di correre 20-30 minuti su un tapis senza sapere dove guardare. Questo incredibilmente mi sta portando a ritenere possibile l’allenamento alla sera (perché se una cosa diverte poi ci si prende gusto e si vince anche la fiacca serale) e a immaginare di non aver poi così bisogno di una palestra.

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Controluce

Controluce ci appaiono solo i contorni delle cose, tralasciando tutti i dettagli e rendendoci incapaci di vedere chiaramente.

Come quando si è bambini, una forma ci può apparire mostruosa quando sono solo i suoi contorni ad essere illuminati, magari da una fioca luce notturna. Di giorno, però, vediamo la cosa per intero e non ci fa più paura.

Questo è molto simile a quello che fanno alcuni media con noi: ci raccontano solo la superficie delle cose, creando in noi un senso di paura che fa vendere più copie e fare più click.

Anche se richiede più impegno, approfondire spesso ci può tranquillizzare.

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In favore dei prodotti IKEA

Trascuro gli aspetti controversi di IKEA in termini di rapporto coi loro fornitori, e mi concentro sui loro prodotti.

IKEA nell’immaginario collettivo non è esattamente sinonimo di economicità, ma direi una via di mezzo tra mobili economici, dal design riconoscibile e molto pratici.

Ho sentito – ci sta – venditori di mobili sputare sentenze dure sulla qualità dei mobili IKEA. Salvo poi, gli stessi venditori, dovermi sostituire dei pezzi difettosi di mobili “migliori” per via di un incoraggio fatto male.

Un ragionamento comparativo sulla qualità dovrebbe vedere IKEA perdere quasi ovunque, ma altre esperienze di mobili “di fascia alta”, 100% Made In Italy, mi hanno fatto molto ricredere su questa narrativa.

La realtà è che il design dei mobili IKEA non è solo funzionale in termini di utilizzo, ma anche di montaggio!

Basta provare a confrontare un foglio di istruzioni IKEA con quello… che ne so… della Pali: buon divertimento.

La realtà è che la qualità dei loro prodotti non è così omogenea: ci sono mobili migliori e peggiori in termini di qualità costruttiva e di materiali. Ad esempio la serie HEMNES mi sembra molto solida.

Ma il punto è che IKEA ha ben ingegnerizzato tutto il sistema: hanno capito che parte del loro sforzo progettuale deve essere rivolto alla facilità di assemblaggio, cosa che spesso gli altri marchi dimenticano, salvo poi rifiutarsi di fornirti il loro prodotto già assemblato, cosa che si potrebbe conteggiare come “valore aggiunto”. Quindi in realtà il servizio è lo stesso, ma solo uno dei due produttori lo ha capito.

Il design può piacere o non piacere e anche qui c’è differenza tra le varie linee di prodotto. Ma almeno c’è un design! Non si tratta di assi di compensato laccate senza alcuno sforzo creativo e assemblate in modo anonimo con qualche vite.

Se IKEA è fascia bassa, allora quella alta deve alzarsi un po’.

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Che cosa è la libertà?

“Libertà” è una parola di cui si sente spesso parlare. È un termine abusato, i cui contorni non sono affatto nitidi.

Ricordo ancora una delle prime lezioni ricevute sul tema:

Libertà non è fare ciò che si vuole

Una maestra delle elementari

Per alcuni la libertà è solo quella economica, per altra è quella prodotta da uno Stato che garantisce i diritti.

Attualmente, la definizione di libertà che mi soddisfa di più è questa:

Libertà è poter scegliere senza coercizione fisica, economica, intellettuale.

Se sono ammalato e posso scegliere se e come curarmi, sono libero. Se ho fame e posso scegliere di mangiare, sono libero. Se posso votare per chi voglio, sono libero.

La definizione di libertà infatti spesso la concepiamo in funzione del contesto: se non ho soldi per mangiare, non sono comunque libero di sposarmi con chi voglio. Se ho soldi ma non ho libertà di parola, avrò comunque una vita misera.

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Nel verde

Se c’è una cosa che ho sempre apprezzato delle case in cui ho vissuto, è stato l’abitare vicino al verde.

Da ultimo, è stato molto importante per me durante il lockdown poter uscire di casa e trovarmi immediatamente a contatto con prati e alberi. Anche nella vita “normale”, poter aprire le finestre al mattino e trovare un panorama verde per me è molto importante.

Per questo motivo trovo decisamente più “lussuoso” un piccolo appartamento di 50mq circondato da alberi piuttosto che un grande appartamento in centro, con ascensore e portineria ma senza una piccola oasi di alberi nei dintorni.

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Che cosa crea la resistenza al cambiamento?

Siamo intrinsecamente resistenti al cambiamento. Se dobbiamo cambiare un’abitudine per qualsiasi motivo, a parte forse lo slancio iniziale, ci troveremo presto a combattere una battaglia con quell’altra parte di noi che non vuole cambiare.

Perché una parte di noi non vuole cambiare?

Forse perché quella dieta è faticosa? Perché è difficile non fumare la prossima sigaretta? Non credo.

In fondo credo che la vera paura sia quella delle scelte definitive.

Se fino al giorno prima eri un fumatore, è difficile immaginare di non esserlo mai più. Se prima ti concedevi lo spuntino prima di andare a letto, è difficile immaginare di non concederselo mai più.

È più facile immaginare di non concederselo qualche volta.

Per questo motivo molti cambiamenti sono temporanei e non permanenti.

Invece è necessario non solo voler cambiare, ma accettare di poter essere diversi.

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Fine-Tuning e Via Binaria

Nel costruire quotidianamente la nostra morale a volte pensiamo di poter modellare la realtà con degli interruttori (Via Binaria) e a volte con delle manopole (Fine-Tuning).

A volte, nell’evoluzione delle nostre opinioni, gli interruttori diventano manopole (introducendo “se” e “ma”) e volte le manopole diventano interruttori (ci irrigidiamo).

Per stare subito leggeri, ad esempio, posso ritenere che uccidere sia sempre sbagliato, quindi per me “l’interruttore morale” su questo tema è sempre su OFF. È una via binaria.

Poi magari immagino di essere in guerra, in una situazione dove o io uccido il soldato nemico o lui uccide me. Molto probabilmente quell’interruttore diventa allora una manopola, con cui posso regolare la mia morale valutando le condizioni. Questo è il fine-tuning.

Il problema del fine-tuning è che senza punti di riferimento assoluti, siamo continuamente sollecitati a ragionare o possiamo cadere nelle trappole delle emozioni. Per continuare l’esempio di prima, ritengo ad esempio che sia lecito uccidere per difesa (ovviamente solo se davvero non c’è altra scelta, non di certo nei casi che sentiamo al TG e ripresi dai politici di estrema destra) ma ci sono ormai sufficienti prove per affermare che la pena di morte sia inutile e pericolosa. Quindi anche nei confronti di un criminale del calibro di Riina, non si dovrebbe applicare tale misura. Cosa diversa è uccidere un criminale in azione che sta uccidendo degli ostaggi.

Si pesano quindi gli effetti e non i principi. I risultati e non le intenzioni.

Sono convinto che se si è capaci di osservare a lungo la complessità della natura e della società, molti interruttori si potrebbero trasformare in manopole, scoprendo che difficilmente esistono cose 100% giuste o 100% sbagliate, ma che anzi, proprio se non regoliamo i fenomeni, questi producano poi degli squilibri sempre negativi.

Se non mangiamo moriamo di fame, se mangiamo troppo moriamo di diabete o di infarto/ictus.

Se non studiamo siamo ignoranti, se passiamo la vita solo sui libri, abbiamo imparato tanto ma inutilmente.

Se il volume della musica è troppo basso, non siamo in grado di ascoltare, se è troppo alto perdiamo l’udito per sempre.

Se decidiamo di cancellare le droghe per decreto, nascerà il mercato nero, se le pubblicizziamo sorgeranno altri problemi derivanti dall’abuso.

Le ideologie costruiscono interruttori,

il pragmatismo manopole.

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Incendi controllati.

Dalla Gazzetta Ufficiale —

Per fuoco controllato e’ da intendersi l’applicazione in sicurezza del fuoco su precise superfici prestabilite. Gli obiettivi gestionali del fuoco controllato sono sempre motivati da interessi di rilevanza scientifica o economica […] come [la] diminuzione dell’intensita’ e della diffusibilita’ degli incendi boschivi mediante la riduzione della biomassa bruciabile […]

Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana

Insomma nella vita è necessario a volte correre piccoli rischi “controllati” (il controllo è spesso una illusione, attenzione!) per evitare di correre rischi più grandi.

Può trattarsi anche di concedere all’avversario un vantaggio “tattico” al fine di procurare per sé un vantaggio strategico.

La cosa più importante è essere ragionevolmente sicuri di non cascare nella trappola che noi stessi prepariamo.

Ad esempio, nell’allearci tatticamente con un avversario dobbiamo fare prima alcune valutazioni.

  • Se l’avversario è moralmente ambiguo, dobbiamo essere superiori nella disciplina, o ci trascinerà nei suoi vizi.
  • Se l’avversario non ha esperienza, dobbiamo tendere trappole guardando il calendario e quindi su una strategia a lungo termine. Chi non è esperto viene infatti travolto dagli imprevisti che per altri sono solo scadenze già conosciute.
  • Se l’avversario non ha storia, dobbiamo conoscere molto bene la nostre origini, o la sua capacità di muoversi da una verità all’altra ci confonderà le idee.
  • Se l’avversario non ha cultura, bisogna far prevalere la propria.