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Rabbia = Quantità

Ecco l’equazione alla base del successo dei social come Facebook, che ora giocano a fare le anime belle sospendendo gli account di Donald Trump, dopo esserne stati i più importanti megafoni.

  • Prima regola: le piattaforme social hanno bisogno di tanti visitatori che passino tempo navigando sui loro siti. Questo è indispensabile per concentrare pubblico ben profilato da rivendere agli inserzionisti pubblicitari
  • Seconda regola: pensare costa tempo e voglia. Una discussione civile procede naturalmente verso l’approfondimento e richiede impegno; soprattutto è alla portata dei pochi che sanno argomentare e che hanno il tempo di farlo.
  • Terza regola: la paura è il miglior modo per tenere alta l’attenzione del pubblico (cosa confermata da molti studi).

Risultato: molto meglio incentivare l’insulto, che richiede poco tempo ed è alla portata di tutti. Per ottenere questo, è bene usare algoritmi che aumentino la visibilità dei contenuti violenti, polarizzanti nei confronti dell’opinione pubblica, e che facciano leva su paure più o meno striscianti nella società.

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2021: The Social Age

Con la censura di Trump da parte di Facebook e Twitter prima, e ora con il boicottaggio di Parler (il social rivolto all’estrema destra) da parte di Google ed Apple, il 2021 si è aperto con un ulteriore avanzamento del mondo hi-tech sulla politica.

Certo, quanto è stato funzionale Trump a tutto ciò! Un presidente che fa leva sui peggiori istinti della società, gli stessi che hanno fatto lucrare Zuckerberg e soci, incapace perfino di preservare il lustro delle istituzioni americane, che così ora – screditate – fanno sembrare le piattaforme social l’unico argine di responsabilità.

Trump un “manchurian candidate” delle potenti lobby hi-tech? Probabilmente no, ma di fatto il risultato è lo stesso.

Eccoci allora nell’era social, dove gruppi dal capitale colossale e che hanno in mano l’informazione globale, “spengono” il Presidente del più potente stato del mondo, con un atto dal forte potere simbolico.

Gruppi che non si assumono alcuna responsabilità per i danni che compiono nella società e nella testa delle persone, per l’impoverimento che provocano e che in modo ipocrita oggi si fanno paladini contro la violenza, dopo averla studiata e sfruttata ad arte per far salire i dividendi.

Gruppi hi-tech che, ricordiamolo soprattutto a coloro che non gradiscono Trump (come il sottoscritto), non possono essere scacciati via con una elezione.

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Il Giornale, ormai è tutto un click-bait

Tutti i giorni mi capita di sfogliare sul mio iPhone i vari widget, tra i quali spicca quello delle notizie.

È mai possibile che quelle pescate da “Il Giornale” siano sempre quelle coi titoli più aggressivi e pattumari?

Prendiamo ad esempio quello che si vede in figura… è puro click-baiting! La stessa espressione (“… la reazione choc…”) fa parte di quel repertorio che si vede sui banner-truffa delle varie piattaforme pubblicitarie che girano online. Ormai “Il Giornale” è esclusivamente allineato a quel linguaggio…. complimenti!

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Come funzionano i media

  1. I media non informano, condizionano (è inevitabile, non è una colpa!)
  2. I media si schierano
  3. I media sono spesso al servizio di poteri che vogliono che l’informazione plasmi opinioni favorevoli ai loro interessi
  4. La cronaca plasma l’opinione politica, non i dibattiti in TV
  5. Non esiste verità, ma solo interpretazioni
  6. Questi giochi richiedono figure intelligenti, capaci e sopra la media; ma quando queste investono nella stupidità diffusa, dopo un primo fugace vantaggio, scoprono che la stupidità si può annidare anche a casa loro e si ritrovano più sole.

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Social Media ed esasperazione

Facebook e i social prosperano grazie allo sfruttamento di un bug del cervello umano: la sua sensibilità al pericolo facilmente sfruttabile da chi vuole ottenere attenzione.

Gli algoritmi dei social amplificano quindi tutto ciò che è allarmistico, creando un universo parallelo fatto di nevrotici che regalano il loro tempo agli inserzionisti di queste piattaforme.

Un ex CEO di Google ha recentemente definito i social in modo molto simile a quanto fece Umberto Eco pochi anni fa: un amplificatore di idioti.

Il problema è che anche (alcuni) media tradizionali sembrano aver cambiato il loro stile comunicativo per imitare i social. Insomma, i buoi sono scappati dal recinto.

Libero e Il Giornale sono esempi di testate giornalistiche “fabbrica-frustrati”.

L’importante è usare titoli “forti” acchiappa-click, favorendo violenza verbale, termini scurrili ed esagerazioni.

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Ignora la cronaca

Hanno ucciso qualcuno di qua, un bambino è morto di là.

Certo, si tratta di tragedie, ma che non ti riguardano direttamente. Eppure nel tempo di un telegiornale occupano tanto spazio.

Ogni giorno 7 mila bambini muoiono di malnutrizione, e se piangessimo 0,5 secondi per ciascuno di essi e per tutte le altre disgrazie che capitano quotidianamente nel mondo, smetteremmo di vivere.

Poter ignorare le disgrazie troppo lontane da noi è un bene. È un meccanismo di conservazione.

I giornalisti che confezionano i servizi di cronaca, con le immancabili interviste ai parenti delle vittime e ai vicini di casa dell’assassino, vogliono che tu ti emozioni, ti indigni, tenga alta la tua attenzione. Spesso in preparazione del servizio successivo, dove una tua emotività già scaldata può influenzare la tua capacità di giudizio.

Questo non significa che dobbiamo girare a testa dall’altra parte: se possiamo dare un contributo a coloro che portano aiuto nel mondo, ritengo sia giusto farlo (stando attenti alle truffe).

La cronaca di un omicidio, però, ripetuta magari per giorni, settimane, mesi (vedi Quarto Grado e altri programmi spazzatura simili) è solo entertainment che sfrutta una tragedia per comprare la tua attenzione.

Ignorare la cronaca è il modo migliore per stare meglio fin da subito.

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Discorsi al cloroformio

Il cloroformio è una sostanza che provoca l’addormentamento ed è stato usato in chirurgia come anestetico, nonostante causasse forti mal di testa e altri fastidi.

Il dramma della comunicazione televisiva è che è quasi tutta tesa ad anestetizzare gli spettatori. La regola di chi lavora in quel campo è:

“Mai svegliare il telespettatore facendo sorgere in lui dubbi!”

La forma più efficace e diffusa di questa pratica è quella di parlare con enfasi di qualcosa di ovvio nascondendo vergognosamente i punti su cui è facile svelare il disaccordo.

Esempio:

Credo che il governo debba stanziare più fondi per la Sanità pubblica

oppure:

Vogliamo abbassare le tasse per far “respirare” gli italiani

Chi può essere in disaccordo? Nessuno… a meno che non si completino le frasi con i pezzi che mancano.

Rispettivamente:

… alzando la tassa su questo e quest’altro e/o tagliando quest’altro servizio pubblico

e:

Aumentando il debito pubblico che scaricheremo sui nostri figli

I politici che dicono cose ovvie nei famosi 5 secondi al telegiornale mentono, perché omettono qual è il prezzo da pagare per le loro idee. Ad esempio tutti vogliamo essere ricchi, ma ci si divide sul come.

Quando senti un politico che ti propone qualcosa di bello, chiediti:

Qual è il prezzo di questa cosa e chi lo pagherà?

E se quello che dice non riguarda l’economia, ma ti sembra comunque molto condivisibile, chiediti:

Avrebbe senso dire il contrario? Sarebbe ragionevole?

Vogliamo alzare le tasse per far soffocare gli italiani

Se la risposta è no, quel politico sta parlando a vanvera e vuole spegnerti il cervello.

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In favore del digitale

Ci si è spesso scagliati contro il digitale per la sua immaterialità. A tutti è capitato prima o poi di cancellare qualcosa di importante con un semplice click, laddove con l’analogico sarebbe servito un incendio o una donna delle pulizie particolarmente aggressiva contro il disordine.

Però dopo circa dieci anni di servizi in cloud, che cosa posso dire?

  • Vado sul mio iPad e trovo libri digitali acquistati da tempo immemore, con ancora i miei appunti memorizzati
  • Vado sul mio iPhone e posso rivedere foto di più di 5 anni fa e rivivere interi anni scanditi da foto mie o condivise da altri
  • Vado sul mio Dropbox e trovo ancora gli appunti dell’università, o i documenti del fisco ben organizzati
  • Vado su Google Drive e trovo tutti i miei documenti, anche quelli che avevo dimenticato

La realtà è che il digitale può conservare molto meglio e molto più a lungo le informazioni.

A patto che lo si faccia con strumenti affidabili. Il cloud fino ad ora ha dimostrato di esserlo, e questo apre scenari non ancora esplorati.

Soprattutto, il cloud ci rende accessibili questi dati sempre, quando invece un tempo serviva rovistare negli armadi.

Investire nello storage in cloud è decisamente interessante in termini di costi ma soprattutto rende i nostri strumenti digitali davvero più utili e li trasforma in un archivio immenso sempre accessibile.

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In favore della stampa

Forse per colpa del lockdown, nei primi sei mesi del 2020 mi sono abbonato a due riviste cartacee.

Sarà il bello di aspettarle per giorni e poi trovarle in buchetta, oppure il fatto di coinvolgere anche il tatto oltre alla vista, ma la differenza rispetto alle edizioni digitali è notevole in termini di godimento.

Il problema è però questo: rispetto alle edizioni digitali, le riviste stampate occupano spazio. Io odio le cose che richiedono spazio, perché tendono a creare disordine (e io sono disordinato).

Quindi il piacere della rivista stampata richiede selezione e parsimonia.

Quello che però davvero è il vantaggio della stampa sono i tempi. La stampa, molto più del web nella maggior parte dei casi, ha tempi più lenti e dunque è più adatta a riflettere che informare. Per questo motivo credo che acquistare un giornale oggi abbia senso più che altro per leggere gli editoriali di persone attente e brave nell’analisi (come Panebianco).

Ancora meglio, è utile acquistare riviste che riflettano sui nostri tempi: sono belle da leggere ma soprattutto utili da conservare.

La stampa è poi infinitamente meglio della TV, che non solo vive sui tempi brevi e sulla non-analisi, ma che addirittura investe nella banalizzazione e nella manipolazione.

MEDIA E INFORMAZIONE

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I telegiornali sono inutili

Impostano le priorità dell’informazione, ma senza alcun approfondimento. Anzi, direi che sono il contrario dell’approfondimento: sono la banalizzazione dell’informazione. Fanno politica attraverso la cronaca e la politica propriamente detta è una carrellata di dichiarazioni provocatorie di questo o quel politico di turno. I social network amplificano ulteriormente il fenomeno e insieme determinano il grosso dell’opinione pubblica. Questo ha contribuito a portare al potere la peggior classe dirigente di sempre nel nostro Paese e altrove.

Per tutto ciò che è nazionale e internazionale, meglio i giornali di carta come Il Corriere, La Stampa, Il Sole 24 Ore (non devono fare clickbait o riempirti di pubblicità-virus i tuoi dispositivi), le riviste settimanali e mensili (Limes, Internazionale) e magari qualche documentario di Storia.