La razionalità non è una costante strategica

Ognuno di noi ha a che fare ogni giorno con le previsioni. A volte dobbiamo prevedere che cosa farà il nostro concorrente, oppure se la tecnologia del nostro fornitore durerà nel tempo. Spesso ci confrontiamo con le previsioni senza accorgercene, ipotizzando scenari futuri davanti ad un telegiornale che ci riporta notizie preoccupanti o dichiarazioni tranquillizzanti dei politici.
Prevedere le mosse dell’altro è la vera base, o meglio, è l’elemento fondamentale della strategia. Senza considerare le contromosse, si commettono errori gravi di cui è piena la storia; di fatto concentrarsi solo su se stessi è un atto di arroganza di chi non pensa che l’avversario ha tutto l’interesse a non assecondare i nostri piani.
Quando però eseguiamo una previsione giustamente ci mettiamo nella testa dell’avversario e qui nasce il problema: abbiamo una sostanziale differenza tra un atteggiamento razionale, che elabora una sequenza di azioni coerenti al perseguimento di un proprio interesse, o irrazionale, che per definizione non segue una ragione reale o apparente. La realtà è che il mondo sarebbe molto più facile se tutti, o anche solo la maggior parte delle persone, seguisse la prima dottrina, ma non c’è giorno in cui qualcuno non ci ricordi che spesso le azioni sono determinate dall’irrazionalità: autodanneggiamento, insicurezze personali, psicosi, fanatismo religioso, sfiducia ecc. Sembra incredibile, ma non tutti mirano ad un miglioramento della propria condizione.
Attribuire al prossimo un atteggiamento razionale è dunque spesso un errore, ma questo non significa che chi agisce contro il proprio interesse sia più forte. Più probabilmente chi agisce irrazionalmente e contro il proprio interesse può avere successo temporaneamente, proprio perché può contare su un effetto “sorpresa”; nell’arco dell’intera competizione, però, ritengo sia molto difficile che vinca chi non è capace di agire secondo le proprie reali capacità né di valutare correttamente l’avversario. Del resto Hitler invase l’Unione Sovietica, aprendo un secondo fronte, solo per via di una propria psicosi, e questo fu il reale punto di svolta della seconda guerra mondiale di cui tutti conosciamo l’esito. La storia è piena di esempi come questi, e senza andare troppo indietro lo stesso Tsipras ha giocato da potente credendo di più ai propri ideali che non alle capacità della vera potenza, la Germania, perdendo malamente.

Allo stesso modo trovo irrazionale l’atteggiamento dell’IS: nei mesi scorsi ho sempre ritenuto che sarebbe stato un grave errore compiere attentati in Occidente, e che ciò non sarebbe successo finché l’IS stessa avesse avuto la capacità di concentrarsi sull’obiettivo più logico e alla portata: una serie di conquiste territoriali in ampie regioni dove il vuoto di potere avrebbe consentito facili vittorie. Ora, dopo i fatti di Parigi, la risposta politica più probabile sarà su due fronti, entrambi potenzialmente letali per l’IS:

1) Grande stretta dell’intelligence sui soggetti “attenzionati” e sulle comunità islamiche

2) Possibile formazione di una vera coalizione militare internazionale che miri ad una effettiva decapitazione dell’IS

Sul punto 1 spenderei una parola di ringraziamento ai Servizi Italiani, che si stanno dimostrando tra i più efficaci del mondo nella prevenzione degli attentati e che credo debbano costituire un motivo di orgoglio per tutti noi. Il governo francese, invece, dovrebbe porsi seriamente il problema di come raggiungere standard di qualità adeguati al contesto.

Sul secondo punto farei notare che, al contrario del 2003 col caso iracheno, la portata della possibile coalizione anti-IS è colossale: USA, Europa (la parte che conta) e Russia, con in generale l’approvazione in sede ONU dei paesi più importanti del mondo. Contro un esercito male equipaggiato e che non ha mai dato grandi prove di capacità bellica come quello dell’IS, la vittoria sarebbe facile. L’uso del condizionale è d’obbligo, perché pure noi siamo soggetti all’irrazionalità: si riuscirà a mettere in piedi la cooperazione Russia/USA? L’Europa troverà in questa occasione il coraggio di agire unita?

Insomma, ritengo molto probabile che anche in questo caso storico, il soggetto più debole abbia compiuto una mossa disperata alla ricerca di un momentaneo successo, ma la Storia non perdona chi sbaglia i propri calcoli. Bisognerà però imparare dagli errori del passato: prevedere correttamente il numero di soldati da inviare e la necessità primaria di una soluzione politica.